Printed in Beirut -di Jabbour Douauhy.Un thriller dove nulla è come sembra tra illusioni e apparenze
“Farid Abu Sha’ar scriveva in piedi. Aveva sentito dire che in piedi si é più vigili, e allora stava in piedi. Non scriveva da svogliato, anzi, lo faceva con tutti i sensi all’erta. Mentre tracciava le parole con la sua stilografica preferita, una Montblanc d’argento, gli piaceva pensarsi come un fuoco che arde”.
Il giovane e affascinante Farid Abu Sha’ar ha appena finito di scrivere un libro con cui si aspetta di diventare un famoso scrittore di successo. Peccato che pubblicare un libro nei giorni nostri, è un’impresa sempre più ardua e faticosa. “Non legge più nessuno”, continuano a dirgli gli editori che non accettano la pubblicazione della sua opera. Giorno dopo giorno, girovagando per Beirut durante una calda e afosa estate, inizia a perdere le sue sicurezze iniziali trovandosi a rimediare un lavoro come correttore di bozze presso la storica tipografia Karam. Ogni sua prospettiva di successo inizia a frantumarsi sempre di più, anche se Farid continua a tentare la sorte del suo quaderno rosso, portandolo sempre con sé, quasi per non volersene separare e per buon auspicio.
La vergogna di raccontare il suo mestiere agli altri, il fallimento di un mancato successo
“Aveva iniziato a lavorare convinto che si trattasse di una situazione temporanea. Non ci si vedeva, a fare quel mestiere, e per molto tempo ha cercato in tutti i modi di tenerlo nascosto ai fratelli e agli amici”.
Quando gli altri gli chiedono dove lavora, Farid si definisce un supervisore o un editore, mai un correttore. Nonostante tutto, una volta inserito nell’azienda ha rapidamente guadagnato l’appellativo di “Professor Farid” sia per la scrivania ereditata, sia perché padroneggia molto bene l’arabo.La sua smisurata ambizione lo convince che il lavoro della tipografia dipende unicamente da lui: tutto quanto, prima di essere stampato, necessita la sua correzione e la sua approvazione. Questo gli consente di acquisire maggiore sicurezza sulla sua persona, accantonando temporaneamente il mancato successo come scrittore.
Un thriller dove nulla è come sembra, tra illusioni e apparenze
Un giorno succede che il manoscritto scompare, per poi apparire magicamente stampato dopo i tanti rifiuti. Chi può essere stato a derubarlo? Un collega? La moglie del titolare con cui si lanciano sguardi
seducenti? Proprio con Persefone, una donna meravigliosa, inizia una relazione d’amore segreta e pericolosa che agita il sonno di Farid.
La vicenda inizia a complicarsi quando scopre che, quasi con certezza, dietro alla sparizione del manoscritto si nasconde proprio Persefone. Le intuizioni diventano sicurezze quando causalmente viene alla luce che, la carta usata per la stampa è la stessa con cui la tipografia produce
banconote false. Farid si ritrova coinvolto in un affare internazionale sui cui la polizia libanese sta indagando da molto tempo. Da giovane ragazzo, ricco di ideali e tante speranze, si trasforma agli occhi
degli altri in uomo corrotto e colluso. Non avrebbe mai e poi mai pensato che da semplice correttore si sarebbe trovato a essere interrogato dalla polizia come un vero e proprio criminale.
I personaggi di Jabbour Douaihy, il trionfo delle maschere pirandelliane
La storia, ambientata a Beirut, rivela un ritmo intenso e coinvolgente con uno stile beffardo e preziosamente ironico sulle vicende che investono il protagonista.
“Printed in Beirut” è uno degli ultimi romanzi della collana GliAltri di Francesco Brioschi editore, aggiungendosi alla sezione Mondo arabo. Un thriller dove nulla è come sembra, dove il susseguirsi delle azioni sorprendono il lettore “costringendolo” a rimanere incollato alle pagine ricche di suspense. L’inizio potrebbe far apparire il protagonista come un ragazzo inesperto e troppo illuso su una realtà quasi utopica. In realtà, il talento di Jabbour Douaihy consiste nel prendersi gioco dei personaggi quasi come a sfidarli sulle intemperie della vita e sulle false apparenze. Sembra quasi che l’autore stesso costruisca una vera e propria parodia teatrale secondo una versione romantica della vita, facendo sfilare maschere che crollano una dopo l’altra.
La storia raccontata ricorda lo stile di un noto autore italiano, Luigi Pirandello (Agrigento 1967, Roma 1936) per la molteplicità di maschere che si trovano improvvisamente coinvolte all’interno di “micro-storie” assurde e spietatamente ironiche che ne determinano la struttura narrativa.
La continua ricerca del significato delle cose sembra essere un leitmotiv ricorrente anche in “Printed in Beirut”, mescolando il tragico e il comico. Quello che stupisce è che, come i famosi personaggi pirandelliani, la narrazione rivela la costruzione di situazione emblematiche che finiscono con capovolgersi continuamente mettendo in dubbio il lettore stesso. È il trionfo del caos, a partire dalla prima metà del romanzo, a regolare teatralmente le azioni di ogni singolo personaggio quasi a farne uno stereotipo sociale. Tutto quello che viene raccontato viene ribaltato, sorprendendo il lettore e lasciandolo senza fiato.
Essere pubblicati? I tentativi di Farid Abu Sha’ar, metafora della società editoriale contemporanea
La difficoltà del protagonista di essere pubblicato diventa lo specchio della società editoriale di oggi.
In un mondo dove trovare un'agenzia di rappresentanza e una casa editrice che accolga il tuo progetto é qualcosa di sempre più' complesso, il successo diventa un paradiso irraggiungibile.
La storia di "Printed in Beirut" parte proprio da questo ostacolo che diventa un pregiudizio.
Ne abbiamo parlato qui con Vanni Santoni nella diretta su Live Libri in Diretta
Letteratura e social sembrano rappresentare spesso un ossimoro, due parole di significato opposto che si contraddicono a vicenda. Oggi quanto dobbiamo riuscire a vincere la sfida di saper intrecciare questi due corpi, in una visione post-moderna che superi il nostro modo di pensare e concepire la letteratura per impedirne il rallentamento e accelerarne l’evoluzione? La chiave di volta risiede proprio in questo processo. Oggi, sempre di più, lo scouting parte, non solo dalla riviste online, ma anche dai social, vetrine per gli aspiranti scrittori, conferme per chi é già noto come talento affermato.
Comments