Lettera a Sylvia Plath - di Maria Capasso
Cara Sylvia,
spero che in qualche modo ti arrivino le mie parole e i sentimenti che hanno fatto da inchiostro a queste poche righe.
Ho sempre rimandato i tuoi scritti, nonostante fossero lì, a fissarmi con la paura di restare solo un accessorio da libreria.
Molti lo fanno sai? Fanno finta di leggere autori del tuo calibro per sentirsi più intelligenti nella società, postando foto e frasi che non hanno davvero capito.
Perché tu sei da capire. Da contrastare. Da apprezzare. Da mettere in discussione per poi essere in sintonia l’attimo dopo.
Perché tu non sei solo un’autrice, tu sei un'anima fragile e profonda che si è gettata prima nel bianco delle pagine per poi capire che nulla poteva sanare le sue ferite, né la scrittura, gli studi, il matrimonio, i figli.
E ti capisco, sai? Spesso le paranoie sono così grandi che annebbiano il cammino, bloccandoci a metà strada senza indicazioni e fari che smettono di funzionare. Diventa tutto distorto come specchi rotti, che riflettono mille pezze senza chiarezza. A chi piacerebbe un simile riflesso? A nessuno. Chi ama la malinconia non l’ha mai avuta come presenza fissa, cara Sylvia… non si è mai svegliato nel cuore della notte col corpo bloccato e la voglia di porre fine a quel sogno, per sempre.
Non ha mai avuto paura della sua stessa casa.
Non ha mai pianto durante un temporale per la troppa paura della pioggia che batte sul tetto.
Non ha mai fissato lo specchio e visto una versione di sé lontana dalla realtà.
Ricordo il primo pensiero in cui sentì la tua mano calda sulle mie "paturnie", scottava come carbone ardente.
"Ho paura di affrontare me stessa. Stanotte ho tentato di farlo. Mi auguro di cuore che ci sia qualche essere assoluto, qualcuno su cui contare affinché mi valuti e mi dica la verità."
Analizzai ogni frase col mio stato emotivo di qualche tempo fa:
- Ho paura di affrontare me stessa. Paura di scoprire il perché del mio malessere e di doverlo prendere di petto.
- Stanotte ho tentato di farlo. Ho tentato di andare oltre il dolore con una finta dose di benessere artificiale.
- Mi auguro di cuore che ci sia qualche essere assoluto, qualcuno su cui contare affinché mi valuti e mi dica la verità. Ho desiderato che qualcuno mi prendesse di peso, non semplicemente per mano, e scoprire la così voluta verità. Volevo scomparire in essa, non abbracciarla.
Solo che, a differenza tua, ho avuto più coraggio di abbracciarla a piccole dosi, a litigarci, per poi affrontala a piccole dose.
Ho avuto più fortuna di vivere in un’epoca dove le malattie psichiche non sono messe sullo stesso piano di quelle mentali e vengono curate con metodi meno brutali, rispetto al tuo vissuto, alle tue esperienze, alle atrocità che hai vissuto nel tentativo di una riva
Eri sola. Ma davvero sola. Non avevi neppure la speranza dalla tua parte e sei caduta nella trappola della disperazione.
Eri sola e ferita. Nessuno ha fermato la tua emorragia ma solo pulito il sangue.
Eri sola e hai lasciato che qualcosa di più grande risolvesse i tuoi drammi, lasciando per sempre una realtà che non ti ha mai voluta.
Ora non sei più sola. Sei nelle case di chi sente la tua scrittura una cara e vecchia amica.
Un abbraccio da qui… fin dove sei.
Maria Capasso
Dopo la mia lettera a #jeanpaulsartre, Maria Capasso ha voluto omaggiare una delle sue autrici preferite con una lettera intima e nostalgica. Sarebbe stato diverso oggi per #sylviaplath? Quanto si rimane vittime di sé stessi e della solitudine emotiva quando gli altri non ci vedono? C'è chi si salva e chi no per colpa della società, della malattia e della frustrazione. Un grido, un richiamo verso qualcosa di oscuro e conclusivo come meta per raggiungere la luce e la perfezione.
Maria Capasso nasce a Napoli nel 1992. Ha collaborato con blog, siti web e riviste letterarie scrivendo recensioni e racconti. Ha pubblicato in versione e-book Nulla si dissolve (Les Flâneurs Edizioni) e Un giorno di primavera (Pink Edizioni); i racconti Ricordo autunnale e Lettera a mia figlia (Historica Edizioni). Nel 2018 pubblica con Ensemble "Album di famiglia".
Direttrice editoriale di Tulipani Edizioni, lettrice e amante dei classici, Maria Capasso ha voluto omaggiare una delle sue autrici preferite, Sylvia Plath, con una lettera intima e nostalgica. Forse se Sylvia avesse vissuto la sua vita nei nostri giorni, forse, sarebbe stato tutto diverso. Sarebbe stata salvata da un sistema più' aperto a patologie che sino a cinquant'anni fa erano considerate irreversibili.